"Don Chichì procede come un Panzer"
Originally published in: Oggi n. 50, 15 dicembre 1966.
Now for the historical -- ha, ha, HA! -- "significance."
Seems like maybe the New York English / Italian editorial staff originally charged with putting the accumulated episodes of Don Camillo e don Chichì / Don Camillo e i giovani d'oggia together for their American audience threw a fit over this one.
And -- if we understand the Italian version correctly! -- rejected it cold...
Thus, now, perhaps for the first time ever we have at last a fragment of the Italian original available online -- at least!
For the use of those good senior high school and community college / university students who come from such far reaching places with names like Spofford & ¿Qué Mado?
Bright students still struggling along, drooling and maybe -- who knows?
Even going prematurely bald in the process of mastering their Advanced Basic Italian Classes.
Here, they will be able to savor a snippet of some real - deal rock'em sock'em Italian Fiction.
You bet! :)
Here we go:
"[L]'interrupe rabbioso l'erede:
La Divina Provvidenza non regala niente!
Page 179.
"[R]eplico Don Chichì, In compenso, la sua proprietà il doppio di quindici anni fa. C'è sempre un compenso, nelle cose. La Divina Provvidenza le ha regalato questa magnifica casa e il magnifico podere che i poveri Brugnazzi lavorano da ben vent'anni...
"[L]'interruppe rabbioso l'erede, La Divina Provvidenza non regala niente! Questo podere l'hanno comprato mio padre e mia madre col loro onesto lavoro e i loro sacrifici, illudendosi di poter avere un pezzo di pane per la vecchiaia, Il regalo che la Provvidenza ha fatto a me è un sofio al cuore che mi ha costretto a liquidare la picola azienda di trasporti che io, con le mie sole fatiche, avevo creato in città. e ora mi costringe a a vivere qui, alle spalle della mia povera vecchia, Niente regali della Provvidenza: noi siamo gente che ha sempre lavorato! "
Chi non lavora non mangi...
"[L]o rimbeccò duro Don Chichì. Lavorare è il più elementare dei doveri. Ricordi San Paolo e la seconda lettera ai Tessalonicesi: Chi non lavora non mangi...
"[P]rotesto ansimano l'erede. Ma io no possò più lavorare. Sono invalido. Se la mia vechhia madre non potesse curare l'orto eil pollaio, coi quattro soldi dell'affitto del podere ridotti a uno e mezzo dalle imposte, dall'equo canone e altre rapine, moriremmo di fame..."
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